” 9000 days of destiny “

La prima volta in qui sentii parlare di Robben Island, fu quando decidemmo di fare il nostro primo viaggio in Sudafrica, attraverso le guide, i numerosi libri letti, film e video, abbiamo potuto conoscere un pò di storia.

Il libro che sicuramente mi ha colpito è  stata l’autobiografia di Nelson Mandela, in qui racconta ogni cosa su di se, la sua vita di lotta per pari diritti, per la libertà, imparai a conoscerlo e sapevo che la prigione in qui visse per ben 18 anni doveva essere una tappa d’obbligo, dovevo vedere con i miei occhi, un luogo dove la negazione ai diritti che tutti hanno si è espressa con volti disumani e cattivi.

Dalla terra ferma, sembra un isolotto che riemerge, in mezzo all’oceano, statica, immobile, dove il tempo sembra si sia fermato. Il nostro viaggio purtroppo non è stato dei più piacevoli, causa mal tempo che imperversava in quel periodo… non si vedeva nulla, e credo di essere stata fortunata poiché visitare Robben Island, sotto una pioggia battente, e un vento impetuoso fosse il clima perfetto che ci accompagnasse in una visita struggente che mai dimenticherò..

Fuori dalla notte che mi copre, io non ho paura, oltre questo posto di furia e lacrime…

Queste parole riecheggiavano nelle mie orecchie, e la visita era una sorta di pellegrinaggio, e nella mia testa man mano che ci avvicinavamo all’isola, ripensava alle parole lette di Mandela, all apartheid e subito la tristezza mi assale ancora di più.

Volevo osservare con attenzione qualsiasi dettaglio, e nella mia mente cercavo di dare vita alle parole che avevo letto, cercando di capire i sentimenti che mi assalivano.. quel giorno non si vedeva nulla dalla baia, però avevo la sensazione che quel tragitto breve, segnasse una sorta di linea immaginaria tra la vita, e un non luogo surreale, dove furono scritte le pagine di una storia recente che a molti purtroppo è ancora sconosciuta. Le guide che accompagnano i turisti sono ex detenuti politici, che giorno dopo giorno raccontano la storia della loro vita da reclusi, e quel giorno Itumeleng Makvela fu colui che ci descrisse, come funzionava il carcere, dal cibo che veniva servito in base al colore della tua pelle, se eri un detenuto politico o meno,la loro vita quotidiana fatta di piccole conquiste, per superare i divieti onnipresenti, le torture.. qualsiasi cosa che servisse per far passare  i lunghissimi anni di detenzione, in tanti pezzi.. per superare la solitudine, la fame, il freddo.. perché ogni cosa diventasse una speranza per lottare, una speranza per vivere. Un insieme di momenti per la resistenza.

Nei racconti di Itumelenk Makvela, traspariva il desiderio di libertà, anche se non era più in carcere, non so se lo sarà mai.. me lo sono sempre chiesta, ricordare ogni giorno, una quotidianità vissuta sulla propria pelle

E il suo rancore vi potreste chiedere.. traspariva ? no.. certo gli occhi nascosti dietro ad un paio di occhiali e il suo volto segnato, mi donarono, una vita di emozioni in bianco e nero, ma il rancore e la collera non l’ho mai vista. Noi eravamo spettatori fermi, immobili, che ascoltavano il tono delle sue parole, fredde e talvolta disperate.. che si fecero ancora più implacabili davanti alla cella di Mandela, piccola e spoglia. Avrei voluto stare di più per raccogliere le emozioni se cosi le posso chiamare contrastanti, e allo stesso inspiegabili che quel luogo di dona. Credetemi non usciranno parole alla vista di quel luogo, ma resterete ammutoliti, silenziosi.. perché Robben Island va vissuta sulla propria pelle.

Rivivi un flash back emotivo e ti chiedi come e se sia giusto lottare per la libertà , per il colore della tua pelle e farlo rinchiuso, lontano da tutto, dalla tua famiglia, e da una vita ” libera”

Alla fine del tuor, strinsi la mano a colui che mi trasmise, e che continuerà a farlo alle generazioni future,  gli insegnamenti del suo Leader, per creare un Sudafrica migliore e credo infondo un mondo migliore.

Quella esperienza mi cambio profondamente, tornai diversa, con una lezione di vita importante.. che qualsiasi cosa che farò, dovrà essere un percorso fatto di umiltà, lottando per la mia libertà nel rispetto degli altri. Esseri liberi è una conquista, un traguardo che raggiungi, passo dopo passo, senza mai dimenticare chi sei.

Me la sono data una risposta.. e sono convinta che per lui la  libertà oggi sia quella di raccontare la sua lotta, con umiltà e rispetto e donarci concetti che purtroppo sono ancora lontani nelle nostre vite. Questa è la sua missione.

La pioggia ci accompagnò anche al ritorno, ma anche quella stretta di mano che non dimenticherò mai.

Grazie Itumelenk Makvela, grazie a te sono più ricca, sei un piccolo pezzo che ha contribuito al mio cammino di vita attraverso il mio Sudafrica.

(Detenzione a Robben Island dal 1983 al 1990 )

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